Siamo a Camposampiero

Città di Camposampiero, Luogo Antoniano

 

In queste due caratterizzazioni, ‘città’ e ‘ luogo antoniano’, ci sono tutta la storia e l’orgoglioso senso di appartenenza degli abitanti.

Camposampiero è centro abitato nato nel Medioevo in un territorio che aveva conosciuto l’intervento di centuriazione romana ed era ricco di acque e di foreste.

Probabilmente nel secolo X intorno alla pieve di S. Pietro, sorta a margine dell’antica via romana Aurelia, si formò un nucleo abitato da famiglie stanziate in un territorio recuperato all’agricoltura e del quale si sfruttavano anche le risorse delle acque, abbondanti e pescose, e degli immensi boschi che fornivano legna e cacciagione.

In questo territorio in forte e rapida trasformazione si inserì nel sec. X una famiglia che detenne il potere feudale e che si chiamò Da Camposampiero. Fin dalle origini questa stirpe non soltanto strinse legami di parentela con potenti vicini, come i Da Romano, ma si inserì anche nel gioco politico di famiglie che, pur mantenendo il castello e il dominio nel contado, si inurbarono quando il potere non era più nelle campagne ma nelle città vive di traffici commerciali. I Da Camposampiero furono ‘cittadini’ sia di Treviso che di Padova, dove eressero un palazzo con alta torre proprio al centro di quelle piazze che erano già allora il cuore pulsante del capoluogo euganeo. Il fatto di dominare con ampia giurisdizione su Camposampiero, terra di confine, segnò, nel bene e nel male, il destino della famiglia.

Negli ultimi decenni del sec. XII e i primi del XIII il rappresentante più noto della stirpe fu quel Tiso che, dopo esser stato temuto capo di milizie, abile membro di delegazioni e duro e intransigente rappresentante del potere su mandato degli Estensi, particolarmente nella Marca Anconetana, tornò nel castello di Camposampiero e a Padova e qui incontrò quel frate francescano portoghese, Antonio, che era diventato in breve protagonista della storia religiosa e sociale della città.

Lo conobbe certamente nella città, ascoltandone le prediche mescolato insieme con nobili e popolari, con docenti della giovanissima Università e studenti, con ecclesiastici e con quel ceto emergente di intellettuali che formavano i Collegi dei notai e dei giudici. Fu un’esperienza che cambiò la vita del feudatario.

A Camposampiero si stabilì un piccolo nucleo di francescani, in locali probabilmente adattati accanto all’antica chiesa di S. Giovanni, appena fuori le mura del castello. In questo luogo sereno, su invito di Tiso, giunse un Antonio malato e stanco nella speranza di riprendere forza e salute. Il signore del luogo gli fece apprestare una specie di cella sospesa tra cielo e terra, tra i rami di un grande noce. Antonio intendeva ritirarsi in quel particolare romitaggio per leggere e meditare. Ma la gente, la povera gente dei campi, seppe della sua presenza e accorse, percorrendo sentieri tra i boschi e seguendo le numerose vie d’acqua, e si accalcò ai piedi del frondoso noce aspettando le sue parole di consolazione e di speranza. E Antonio non le negò; anzi parlò loro semplicemente di una fede da vivere tutti i giorni, tra le fatiche del  lavoro e le gioie della famiglia, tra le preoccupazione e i progetti.

Durante il soggiorno a Camposampiero, ora rasserenante, ora penoso per la malattia, le conversazioni tra il signore e il frate furono frequenti. E Tiso fu certamente il primo a sapere –e forse ne fu testimone- dell’apparizione della Vergine ad Antonio, consolante e ricca di promesse per il francescano ma anche per il feudatario.

La salute di Antonio peggiorò. Sentendo prossima la fine, egli chiese di tornare nella sua cella del convento padovano. Gli fu apprestato un carro tirato da buoi; volonterosi contadini e rattristati frati lo scortarono fino in città, alle cui porte si spense.

Da quel 13 giugno 1231 Camposampiero restò luogo legato alla memoria e al culto del Santo. E di nuovo, due secoli dopo, un altro Camposampiero, Gregorio, contribuì a dare vita e forza al ricordo del soggiorno del frate e a rinsaldare la fede degli abitanti. Tra il 1430 e il 1440 la chiesa e il convento, che erano stati abbandonati dopo la peste del 1348, furono ricostruiti a spese di Gregorio. Il quale volle anche erigere quell’oratorio del Noce che sta tuttora a ricordare il breve ma intenso soggiorno di sant’Antonio nel paese.

Oggi Camposampiero è una vitale città con un noto ospedale e un’importante cittadella scolastica. Progetta per il futuro, ma senza dimenticare il suo passato, presente nelle due belle torri medioevali, nel perfetto tracciato del fossato che circonda il castello e nel disegno di piazze e vie, che sono tuttora quelle del tempo dei Da Camposampiero, e nella cittadella antoniana, polo di fede e di serena accoglienza.

 

 

Oggi Camposampiero è una vitale città con un noto ospedale e un’importante cittadella scolastica. Progetta per il futuro, ma senza dimenticare il suo passato, presente nelle due belle torri medioevali, nel perfetto tracciato del fossato che circonda il castello e nel disegno di piazze e vie, che sono tuttora quelle del tempo dei Da Camposampiero, e nella cittadella antoniana, polo di fede e di serena accoglienza.